3 anni che non mi buttavo in mare..
è stato interessante, è stato quasi come conoscere nuovamente un vecchio amico, che mi ha sempre fatto un po paura..così grande e con pochi punti di riferimento, sarà perché poi galleggio a malapena con il mio stile da ranocchio nello stagno..(si diciamo che non sono Phelps)
E come un vecchio amico porta novità così anche il mare con le sue onde ha portato a riva qualcosa di nuovo e prezioso.
Perché forse il mare, come tutti gli spazi grandi, riesce ad accogliere tutti così da non sentirsi mai soli..
e così trovi piccoli scrigni sigillati,
che fanno fatica ad aprirsi,
che le serrature vecchie e arrugginite cigolano che sembrano spezzarsi,
che quasi non ne riconosci la forma,
perché ormai la forma è quella modellata dal mare,
di onde e microorganismi incrostati sulla superficie legnosa,
la forma e l’aspetto che la vita stessa ha voluto dargli col passare del tempo,
una forma che forse non rende merito della bellezza che racchiude,
ma che è vera come l’amore…
ed è l’amore ancora che passa di mare in mare,
riversandosi copioso e turbolento mosso di lacrime,
e poi calmo e immobile, nudo come un’albero d’inverno…
e cosa fare quindi in quel mare così imprevedibile? Lasciarsi trasportare o nuotare? Immergersi nel blu profondo o lottare a pelo d’acqua?
La risposta viene proprio da quello scrigno incrostato di vita; il suo contenuto così splendente e prezioso, conservato, celato ad altri ma non a me..
lo tengo li..
tra le mani..
nelle mani dai polsi piccoli,
ipnotizzato da quella forma,
ora bellissima al sole, senza ombre,
mi trascino nuovamente in acqua,
lentamente, tenendola con cura,
non morto ma a morto galleggio,
posandola lì,
tra il cuore e lo stomaco,
dove è giusto che stia..dove da tempo sosta,
e voglio aiutarla a galleggiare,
in quel mare che me l’ha fatta incontrare.